BADDEVERA
Badde Vera è l'insediamento più antico del territorio di Padru. È uno dei luoghi più affascinanti e selvaggi della zona. Il luogo è avvolto dal mistero e proprio questa sua caratteristica lo mette al centro di numerosi racconti a metà strada fra mito e leggenda. La popolazione locale ricorda che i primi abitanti furono alcuni banditi che, per eludere la legge si rifugiarono dapprima sulle alture di "Sa Pianedda", per poi scendere a valle e dimorarvi definitivamente. La zona è sempre stata coltivata a vigneto, provengono infatti da quest'area i vini che accompagnano le pietanze tipiche della cucina locale. Così come altre frazioni facenti capo al comune di Padru anche Badde Vera è ormai disabitata, le sue vecchie case sembrano essere parte integrante della natura circostante, poiché sono completamente "immerse" nella vegetazione locale.
Il nucleo edilizio originale è costituito da tre unità realizzate con muratura di pietra locale, una di queste è situata più a valle, vicino alla caratteristica fontana. La parte più antica del nucleo abitato è costituita da tre vani, realizzati fra il 1700 e il 1800. I complessi di edifici più recenti sono situati nella vicina vallata, la loro caratteristica principale è la presenza delle "sedute", grosse lastre in pietra che addossate alla parete esterna delle costruzioni, fungevano da sedili. Nei dintorni esiste una chiesetta di recente costruzione.
BADU ANDRIA
Badu Andria ("Guado di Andrea") è un antico borgo costruito agli inizi del 1800 e ora completamente disabitato. Il paese, costruito nella valle che lo circonda, pur essendo difficilmente visibile dagli altri punti dell'ambiente circostante, domina il paesaggio e regala al visitatore una suggestiva e sorprendente immagine del microcosmo che sembra essere la vallata.
I primi abitanti furono pastori di Buddusò, che inizialmente vi si stabilirono solo per pochi mesi all'anno in occasione della transumanza. La cultura era tipicamente agro-pastorale, si allevavano pecore, capre, buoi, maiali e si coltivavano grano, patate e fave. La conduzione dei terreni nella zona era regolata da una particolare forma di contratto: "la mezzadria". Il proprietario terriero forniva terreno, semenze e buoi, mentre il contadino dava il lavoro.
Le aree destinate ad abitazione erano affiancate ad altre in cui si svolgevano i lavori e dove si tenevano gli animali. I recinti per le capre erano costruiti con muretti a secco, mentre per le pecore si facevano recinti di frasche. Il borgo, ha conservato, in un contesto paesaggistico unico e meraviglioso, la morfologia e la tipologia del sito agro-pastorale. Le caratteristiche costruttive delle abitazioni erano quelle tipiche sarde degli " stazzi ". Le aggregazioni delle vecchie cellule abitate seguono schemi semplici e ripetitivi. Estremamente interessante è il gioco dei tetti disposti a scala in perfetta armonia con la loro base infatti, tutti gli edifici della zona seguono la morfologia del terreno. Di questi vecchi nuclei di abitazioni si conservano quattro unità, alcune risalgono al 1700 e 1800, mentre le più recenti sono del 1950. Le case sono costruite in pietra locale, e sono generalmente a un piano. In alcune di queste abitazioni è visibile la tipica nicchia con ripiani di legno, che fungeva da armadio, e il forno che eccezionalmente è situato all'interno della casa, nella maggior parte dei casi i forni erano costruiti all'esterno degli edifici. Questi luoghi sono meta ideale per un turista capace di apprezzare a fondo la qualità dell'architettura e la bellezza dell'ecosistema. La particolare disposizione di queste vecchie costruzioni, il materiale utilizzato per costruirle, sembrano integrare ed esaltare la bellezza e la maestosità della natura.
La ricchezza della flora locale, vanta dei colori che di stagione in stagione cambiano regalando ai visitatori emozioni e suggestioni diverse. Tali mutazioni stagionali che influiscono sul cambiamento del paesaggio sono un'attrazione per tutti coloro che amano la natura ed il relax.
PEDRA BIANCA
Pedrabianca, definita "il tetto pietroso" della Sardegna, ha origini nella seconda metà del Settecento. I tetti rossi e i muri di granito si intravedono tra rocce e gruppi di lecci, cisti, rovi e corbezzoli.
Arroccata su cime rocciose che si affacciano su una splendida valle, è uno dei siti più suggestivi e panoramici della regione. Anche qui, come in altri centri della zona si pratica l'allevamento di capre, maiali, asini e buoi. Gli anziani del villaggio affermano che fino ad una cinquantina di anni or sono la caccia era una delle attività principali del luogo, per l'abbondanza di selvaggina, compresi i mufloni, oggi ridotti a poche specie protette; fortunatamente è ancora possibile osservare qualche raro esemplare fra le alture della zona.
La zona boschiva si prestava inoltre alla produzione di carbone: gli alberi abbattuti erano trasportati attraverso sentieri tortuosi fino alla carbonaia "Sa Chea".
Il carbonaio sceglieva uno spiazzo al riparo dai venti e si iniziava così la costruzione della carbonaia. Il carbone prodotto era di ottima qualità, richiesto persino da altre parti d'Italia.
Sa Chea
I primi abitanti si insediarono nella zona circa 250 anni fa, si trattava delle famiglie dei Tucconi e dei Gusinu, di Buddusò, le loro prime case furono costruite con il materiale più diffuso nella zona, ossia il legno di ginepro, queste erano tutte posizionate sulla franchigia. Solo in un secondo momento si iniziò la costruzione delle case di pietra, per la realizzazione delle quali venivano chiamati bravi tagliapietre dal Campidano. Il perfezionamento della tecnica si può notare nelle unità edilizie più antiche ancora visibili nella zona. A sa "Pedrabianca" si trovano numerose grotte, e rocce dalle forme più svariate, legate spesso a leggende popolari, come quella de "Su Demoniu", del diavolo, dove narra la leggenda che il diavolo in persona abbia disegnato col suo dito infuocato figure come la testa di un cervo, pecore e attrezzi da lavoro sulla parete rocciosa. Inoltre i dintorni del villaggio erano ricchi di sorgenti e fonti, importanti per l'agricoltura.
Il paese è attualmente abitato, perciò i vecchi edifici sono affiancati dalle costruzioni più recenti, l'elemento che li contraddistingue è la differenza nei materiali utilizzati: murature a secco e coppi negli edifici più vecchi; cemento, intonaco e coperture in tegole marsigliesi in quelli costruiti dal dopoguerra in poi.
L'area è formata da sette unità edilizie principali, le più antiche risalgono ai primi anni del XIX secolo. Tutti gli edifici, specie quelli più vecchi si inseriscono perfettamente nel paesaggio grazie alle proporzioni e all'uso della pietra locale. Gli edifici si adattano all'andamento del pendio, inserendosi completamente nell'ambiente circostante. La maggior parte delle abitazioni conserva il vecchio camino, elemento principale del locale, fulcro della vita domestica del passato, provvisto nella parte antistante, di uno spazio apposito per sedersi durante le fredde serate d'inverno. Tutti i finimenti, le mensole i tetti erano realizzati in legno dalle esperte mani degli artigiani locali. Alcuni dei tetti conservano una struttura a canne incrociate, mentre le porte e le finestre sono ornate da caratteristici architravi di legno o pietra.
Così come per tutta la zona di Padru anche per questa frazione si stanno progettando delle opere di salvaguardia dei vecchi edifici e del loro ambiente circostante, in modo che possano essere considerati patrimonio culturale del paese.
POLTOLU
Poltolu è un antico centro pastorale di fine Settecento, sorto nei pressi della Chiesa di Sant'Elia , costituito da tre "stecche" di case a schiera, disabitate da ormai trent'anni.
Il vecchio centro ha in sé le caratteristiche degli insediamenti tipici della Gallura denominati "stazzi", con aree annesse per le attività agro-pastorali. Questo sito, nato come luogo di lavoro e di residenza, con piccoli raggruppamenti di case ad un piano di forma rettangolare e tetto a due falde, ha da sempre occupato il territorio in modo discreto costituendo un esempio di architettura rurale tipico di una cultura urbanistica spontanea. Non è possibile appurare il nome della prima famiglia che vi abitò; le interviste condotte, lasciano dedurre che il primo proprietario fosse Pietro Primo Demela di Buddusò e capostipite di alcune famiglie del luogo. Il primo atto di compravendita certificato appartenente al paese risale al 1838. Si racconta che i primi abitanti furono gruppi di contadini e pastori che lasciarono i grossi centri come Buddusò, nel tentativo di sfruttare i vasti spazi lasciati liberi nei "salti". Questi gruppi di persone crearono le prime aggregazioni e presero possesso dei terreni, che divennero a tutti gli effetti proprietà private in seguito all'Editto sulle Chiudende del 1820. Le vecchie abitazioni sono caratterizzate da murature di grossi blocchi in pietra squadrata; gli interni sono provvisti di finestre con serramenti di legno e sistema di oscuramento ad ante, tipico delle case rurali e cittadine fino ai primi anni del 1900. Nella maggior parte di queste è visibile la pietra esterna, che fungeva da sedile nelle lunghe serate estive, e i muretti a secco che delimitavano le aree prospicienti alle case.
Tutte le unità edilizie del luogo si mimetizzano con la vegetazione autoctona, e sono parte integrante dei colori della natura circostante. La presenza di queste vecchie abitazioni, insieme alla bellezza naturalistica del luogo, contribuiscono a creare un'atmosfera di mistero e di suggestione, fonte di ispirazione per gli artisti e luogo prediletto dai turisti alla ricerca di tradizioni culturali e di tranquillità. Il piccolo centro si anima ogni anno in occasione della sagra paesana di Sant'Elia , una delle celebrazioni più sentite dalla popolazione dell'intero comune di Padru. La manifestazione è un importante momento di aggregazione per tutti gli abitanti delle frazioni, che qui si riuniscono per l'occasione; il vecchio paesetto sembra rianimarsi di vita nuova, anche se solo per il breve periodo della festa.