Si stanno effettuando degli scavi nella zona di "Santu Miali", un'area di grande interesse archeologico, che presto sarà in grado di fornire informazioni utili per la ricostruzione storica delle genti che popolarono questa parte dell'isola. Possiamo avere notizie certe su queste zone, sia pure solo in parte, a partire dal XIV secolo in poi, grazie ad alcuni documenti conservati negli Archivi Vaticani.Da questi apprendiamo per la prima volta i nomi di Olefà, Urrà e Orgueri o Orgherì. Il primo era situato nell'attuale territorio di Berchiddeddu, mentre Urrà è da individuare nell'altipiano tra le frazioni di Luddurru, Sa Serra, Tirialzu, Nodalvu, e Sos Runcos, compresi nell'attuale comune di Padru.Alcuni trattati medievali risalenti al 1341 e 1342 lasciano dedurre che già esistevano insediamenti in questa diocesi, chiamata di 'Castro'. Nel trattato di pace del 1388 tra Eleonora D'Arborea e Giovanni D'Aragona, si nomina tra gli altri paesi, quello di Villa D'Urrà, appartenente alla curia di Monte Acuto. Nello stesso trattato, si hanno notizie sul centro di Ergurì, infatti, due rappresentanti della "villa" furono invitati ad Ozieri in quella occasione. Nei libri delle Collettorie Pontificie del secolo XIV "Rationes Decimarum" si legge che la diocesi di 'Castro' comprendeva ventisette Ville, tra cui Buddusò, Olefà e Urrà. Secondo Giovanni Francesco Fara, nato nel 1543, vescovo della riforma e padre della storia sarda, la diocesi di "Castro" comprendeva tre zone:1. La curatoria di Anela nel Goceano;2. Il Monte Acuto superiore;3. Il Monte Acuto di parte Oggiano.Alla seconda curatoria appartenevano: Nule, Osidda, Pattada, Bantine, Buddusò, Alà, Monti e Usulufè. Bisogna andare avanti nel tempo per avere notizie più approfondite sui centri di questa zona. Ai primi del XIX secolo, il territorio di Buddusò era diviso in due parti: il centro abitato e i suoi "salti", conosciuti comunemente come salti di Gioss o di Giosso.Nel 1845, lo storico Goffredo Casalis scrisse che "Sos Saltos de Giosso" erano zone montuose, abitate da molte famiglie di pastori che allevavano bestiame e coltivavano la terra. Sos Saltos de Giosso a loro volta erano divise in tre parti: Ergurì o Orgheri, Olevà e Urrà. Ergurì o Orgheri e Urrà erano situati nell'attuale territorio di Padru, mentre Olevà si identifica con il paese che oggi è chiamato Berchiddeddu. Ergurì comprendeva la zona di Monte Nieddu, mentre Urrà e la sua chiesa di S.Elia, costruita nel 1400, facevano capo a quelle che oggi sono le numerose frazioni di Padru.Dunque ciò che oggi si definisce comune di Padru deriva dalla evoluzione storica di questi due centri: Ergurì o Orgheri e Urrà. Per capire il motivo per cui Orgheri e Urrà erano state annesse a Buddusò nonostante fossero più vicine ad altri centri come "Terranova" l'attuale Olbia, bisogna risalire al Quattrocento, quando tutta la Sardegna fu interessata da un fenomeno che si può definire "urbanesimo". All'epoca i piccoli centri diventavano sempre più piccoli, era perciò del tutto impossibile un'autonomia di tipo amministrativo. Molti centri incominciarono a scomparire dalle carte geografiche e questo fenomeno continuò lentamente fino al XIX secolo. I terreni che fino ad allora erano proprietà collettiva della comunità, venivano assegnati ai Comuni limitrofi, diventando quelli che ancora oggi sono i terreni comunali. Tutto questo riguardò centri come Orgheri, Olevà e Urrà. Si deve considerare che all'epoca si viveva in un regime di carattere feudale, e i terreni dei feudi non potevano passare da un feudo ad un altro. I terreni chiamati "Sos Saltos de Josso", il Monte Acuto, quindi Ozieri, Buddusò, Alà appartenevano alla Contea di Olevà, allora di proprietà di feudatari spagnoli, i Duchi di Gandia; Monti invece era una Baronia dei Manca di Sassari; Olbia infine rientrava nel giudicato di Gallura. Alà all'epoca era un modesto centro, non avrebbe mai potuto sfruttare i terreni al meglio, nel 1688 contava 118 abitanti, mentre Buddusò era senza ombra di dubbio un centro molto più grande e popolato. L'assegnazione di "Sos Saltos de Josso a Buddusò era l'unica soluzione possibile. Intorno al 1600 la popolazione di Ergurì abbandonò il vecchio borgo e si stabilì sull'altopiano di Urrà, formando circa venti piccoli paesi.